L’Italia è quel paese che sa dare il buon esempio e che è decisa-mente all’avanguardia. Come nel caso dei sacchetti riutilizzabili. Fortemente voluti dall’ex ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio (2008) e poi diventati obbligatori nel 2011, nonostante le pres-sioni dei produttori di plastica che si erano rivolti alla Commis-sione europea per far invalidare il provvedimento, da noi sono stati del tutto aboliti. Il BelPaese risulta essere il primo, fra quelli dell’Eurozona, ad aver messo in pratica quanto stabilito dalla Ue. E mentre stati come la Gran Bretagna continuano a distribuire plastica nonostante il prezzo alto, la norma italiana ha portato notevoli risultati trasformando quello che prima era un rifiuto da conferire in discarica in un prodotto che rientra nella categoria “organico”.
La legge ha portato alla riduzione del consumo delle buste usa e getta da circa 180.000 tonnellate del 2010 a circa 90.000 del 2013 con una riduzione del 50% che inoltre ha migliorato la qualità e la quantità del rifiuto organico. La messa al bando del polietilene ci ha fatto diventare più ecologici sotto il profilo dei materiali, ma anche sotto il profilo dell’approccio.
In questi giorni l’Europarlamento ha dato il via libera a nuove re-gole per ridurre l’uso delle buste di plastica usa e getta negli Stati membri. La Commissione Ambiente ha detto sì ad un taglio della loro distribuzione di almeno il 50% entro il 2017 e dell’80% due anni dopo, con 44 voti a favore, 10 contrari e sei astensioni. Se-condo il testo approvato, che sarà sottoposto alla sessione ple-naria dell’Assemblea di Strasburgo del 14-17 aprile, gli Stati Ue dovrebbero adottare misure come tasse, imposte, restrizioni o divieti di commercializzazione per garantire che i negozi non for-niscano sacchetti di plastica gratuiti con uno spessore inferiore a 0,05 millimetri, ad eccezione di quelli superleggeri per avvolgere alimenti sfusi come carne cruda, pesce e prodotti lattiero-caseari.
Il buon esempio dell’Italia
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