espositodi Gianluca Esposito

Si é già capito che le slides non salveranno il Paese. Ne’ gli annunci di guerre alla domenica, riforme al lunedì e rivoluzioni al martedì. Come gli ottanta euro a dieci milioni di cittadini: buone suggestioni, che non fanno crescita. Per misurare il potere d’acquisto del bonus, d’altra parte, si provi a scontarlo in banca. 

Eppure, c’era un modo per investire quelle enormi risorse con un moltiplicatore venti nel bilancio del Paese, e con una leva enorme per le imprese italiane.

Al ministero dello sviluppo esiste un fondo che garantisce i prestiti alle piccole imprese, il 99 % del sistema produttivo. Cinque milioni di imprenditori, oltre 13 milioni di occupati. Il doppio delle imprese francesi e spagnole e più del doppio rispetto a Germania e Regno Unito. 

A differenza di quelle tedesche, più capitalizzate, le imprese italiane senza credito non lavorano. Il nostro è un sistema banco-centrico: su 100 euro di investimenti 92 sono delle banche (negli Usa solo 20). In era di credit crunch, il fondo di garanzia ha salvato migliaia di pmi dal fallimento. Anche grazie al fatto che opera con il moltiplicatore di venti: versati su quel fondo, ad esempio, i 10 miliardi destinati al bonus avrebbero attivato una leva di 200 miliardi di investimenti.

A patti chiari – sconti sui tempi della burocrazia, sentenze brevi per contenzioso in materie economiche, riduzione fiscale in cambio di occupazione – il governo, per ogni euro garantito, ne avrebbe potuto chiedere uno a banche e investitori: nel lasso di cinque anni 3000 miliardi, a servizio dell’occupazione.

Un “piano shock del credito”, per agroalimentare, turismo, cultura, arte, innovazione industriale, in asse con Expo 2015. Avremmo visto nascere migliaia di reti d’impresa e start-up. Avremmo internazionalizzato pmi che vivono a stenti sul mercato interno. Parametri europei alla mano, avremmo strutturato qualche milione di nuovi posti di lavoro (il contributo concesso per occupato è c.a. € 250.000). 

Grazie al carattere rotativo e al default sotto il 2%, il fondo centrale del governo è virtuoso dal punto di vista della spesa e del sostegno all’impresa, a norma con l’Europa. 

Insomma, il credito all’impresa prefigura una rotta sostenibile e ambiziosa. Eppure, il governo non ne ha valutato la massima potenza di spinta e ha fatto scelte da campagna elettorale.  

Renzi ha dato a dieci milioni di lavoratori ottanta euro al mese. Per aiutarli, è evidente. Ma la soluzione evoca un assistenzialismo lontano, quello degli aiuti a pioggia, a causa del quale oggi paghiamo 80 miliardi all’anno, solo di interessi. 

Ora, se non vuole allargare la palude, la politica deve adeguarsi ai principi del mercato, pensando all’uso razionale delle sue restanti, limitate risorse. Sta qui la più potente rivoluzione del lavoro, lo sa anche l’Europa. E’ il governo dell’impresa.