78.966 le nuove partite Iva aperte a gennaio 2014, con un calo del 9% rispetto al gennaio del 2013. Il 78,4% sono partite Iva rela-tive a persone fisiche e su queste c’è stato un calo del -9,7%; il 6,1% sono società di persone (-20%), il 15% società di capitali (+2,5%). I comparti più rappresentati nel mondo delle partite Iva sono quelle del commercio, che incidono per il 21% e delle attivi-tà professionali del 20%. La ripartizione territoriale annovera il 46% dei lavoratori indipendenti al Nord, il 22,4% al Centro e il 31,6% al sud e nelle isole. Questi i dati del ministero dell’Economia relativi al popolo delle partite Iva in Italia che con-tinua a tremare in questi giorni braccato dai sindacati schierati in forze contro i falsi autonomi.
E già perché con la crisi sono 500 mila i lavoratori impiegati in tutti i settori ai quali viene richiesta l’apertura di una posizione fiscale per avere il lavoro. Questi “falsi”, però, per quanto spinti dal bisogno di lavoro a farsi una partita Iva, finiscono con l’erodere e con il mettere in difficoltà piccole e medie imprese. Il problema, quindi, diventa proprio quello di combattere il lavoro autonomo mascherato, che si era cercato di azzerare già con la ri-forma Fornero, che imponendo come criteri discriminanti la mo-no-committenza e i vincoli di orario e sede, avrebbe dovuto tra-sformare queste “finte” partite Iva in contratti a progetto. Così non è stato. Il precariato si modifica e prende altre forme in atte-sa che si ponga fine ad un vulnus che finisce col ritorcersi contro ai lavoratori indipendenti già vessati dalla crisi.
Se la partita Iva diventa una colpa
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